Capolavoro dell'Arabia Saudita: battuta in rimonta l'Argentina! Una trionfo che porta la firma del c.t. Renard

22.11.2022 14:30 di Andrea Pontone Twitter:    vedi letture
Capolavoro dell'Arabia Saudita: battuta in rimonta l'Argentina! Una trionfo che porta la firma del c.t. Renard
© foto di Ansa

La prima, vera, sorpresa del Mondiale 2022 è l'impresa compiuta dall'Arabia Saudita contro l'Argentina: i favoritissimi sudamericani cadono in rimonta per due reti a uno, complice un'esemplare organizzazione della formazione mediorientale, guidata dal condottiero Hervé Renard, abile esperto di tattica e bravissimo (nonché fortunato nella realizzazione concreta della sua idea) nell'imbrigliare la potentissima corazzata albiceleste. Gli argentini trovano immediatamente la rete del vantaggio con il capitano Lionel Messi ("è il mio ultimo Mondiale e non credo giocherò ancora a lungo", ipse dixit) che al 10' trasforma dal dischetto un rigore sacrosanto, con Paredes platealmente e inutilmente trattenuto nell'area di rigore avversaria sugli sviluppi di un calcio d'angolo. La Pulce si prende - quattro anni e mezzo dopo - la rivincita sull'errore dagli undici metri contro l'Islanda, al debutto nei Mondiali di Russia 2018. L'assegnazione del rigore divide la stampa internazionale, ma la trattenuta è evidente e colpisce, se non altro, l'assoluta imprudenza che ha spezzato l'equilibrio al Lusail Stadium. La tattica dei sauditi nel primo tempo è alquanto particolare: squadra cortissima, in venti o massimo trenta metri di campo, con numerosissime trappole del fuorigioco a discapito del reparto offensivo sudamericano, ricco di talenti prestigiosi come Messi, Di Maria e Lautaro Martinez. L'Argentina segna altre tre reti, prima dell'intervallo. Ma sono tutte in offside. Due gol annullati a Lautaro (entrambe le esecuzioni sono di pregevole fattura e una delle marcature è annullata per un lieve, ma esistente, fuorigioco di spalla) e uno a Messi. Difesa molto alta per la squadra di Renard, che si rivela ben organizzata ma, al tempo stesso, "spuntata": il contributo del reparto offensivo è pressoché sterile. Negli spogliatoi, all'intervallo, arriva la ramanzina del commissario tecnico: siamo corti e sbilanciati con un baricentro spericolato, i difensori sono costretti ad essere perfetti e gli attaccanti non sono rispettosi nei loro confronti, se neanche provano a darsi da fare. Il diktat è chiaro: continuare con questa coraggiosissima tattica, per massimo un quarto d'ora. In seguito, sarà necessario aspettare l'Argentina nella propria metà campo per un'evidente questione di gestione delle forze fisiche. Non tradiscono le attese, gli attaccanti arabi: la squadra è corta e dopo un gran recupero a centrocampo, il sostanzioso numero 8 Al Malki verticalizza immediatamente per la prima punta Al Shehri, che si proietta con tenacia in avanti, brucia Romero nello scatto e incrocia con un tiro mancino e rasoterra sul secondo palo. Pareggio insperato per i tifosi più superficiali, ma una sorta di revanscismo caratteriale era lecito attenderselo, da parte di una compagine che già nel primo tempo aveva mostrato enorme fermezza e coesione. Necessaria, sul pari, la perseveranza. L'Argentina è una squadra troppo volubile: a maggior ragione la generazione attuale di argentini, è estremamente umorale nella gestione dei novanta minuti. Renard questo lo sa: ordina ai suoi calciatori di credere, concretamente, nel raddoppio immediato. Detto, fatto: soltanto cinque minuti dopo il gol dell'1-1, una meravigliosa trama offensiva dei sauditi si traduce in gol. Romero salva di testa su una conclusione ben mirata da Albrikan, ma ecco che sulla "seconda palla" si avventa il numero 10, Al Dawsari: il primo controllo è insufficiente, ma in seguito l'attaccante riesce a divincolarsi da una tripla marcatura e può guardare la porta. Il tiro a giro che segue, mirato all'angolino alto del secondo palo, è destinato a restare per anni nella storia calcistica del Paese mediorientale. L'Arabia Saudita è in vantaggio al minuto 53: incredibile ma vero. La riposta dell'Argentina è debole. I ragazzi di Renard cambiano completamente strategia, arretrando il più possibile. La squadra resta sempre corta, ma negli ultimi metri di campo. Il cuore e la compattezza di questi uomini è davvero sorprendente. Letture difensive impeccabili, chiusure perfette. Il c.t. argentino Scaloni si gioca soltanto la carta Alvarez, in attacco (al posto del 'Papu' Gomez), con Dybala e Correa che restano a guardare in panchina. Poche occasioni, neanche troppo clamorose, con il portiere saudita Al Owais in stato di grazia e una prestazione generale coraggiosissima della squadra in maglia verde. Messi avrebbe una punizione invitante nella sua mattonella preferita, ma spara alto con lo stesso linguaggio del corpo che (da identica posizione) mostrò al Maracana in quella sfortunata finale di Coppa del Mondo contro la Germania. A volte sembra spegnersi, il calciatore più tecnico al mondo. Il migliore in campo dell'Argentina è Di Maria, roboante sulla corsia destra, ma l'impressione è che a livello caratteriale molti suoi compagni non parlino la sua stessa lingua (come invece accade da un punto di vista meramente tecnico). Il recupero è totale anarchia: ingiustificati gli otto minuti di recupero, con nessuna perdita di tempo significativa registratasi nel secondo tempo. Evidentemente è una questione di commercializzazione del prodotto: più minuti di visibilità per gli sponsor a bordocampo, e la Fifa incassa di più. Inoltre il gioco viene interrotto a lungo per un colpo subìto al volto dal terzino Al Shahrani, che è costretto ad uscire in barella (ma è cosciente): la partita finisce al minuto 15 di recupero, in pratica un tempo supplementare. Impresa eroica dell'Arabia Saudita, tonfo inspiegabile (alla prima nel Mondiale dopo la morte di Maradona) da parte di un'Argentina che adesso dovrà trovare la forza di razionalizzare la discesa con i piedi per terra, e sporcarsi le mani per risalire.