Roberto D'Aversa a 'Bordocampo Serie B': "Poca pazienza nel girare i campi d'Italia per scoprire nuovi talenti. Frosinone? In pochi lo avrebbero immaginato in testa a questo punto, ma lo è meritatamente"

29.11.2022 16:00 di Francesco Cenci   vedi letture
Roberto D'Aversa a 'Bordocampo Serie B': "Poca pazienza nel girare i campi d'Italia per scoprire nuovi talenti. Frosinone? In pochi lo avrebbero immaginato in testa a questo punto, ma lo è meritatamente"
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L’ex tecnico di Sampdoria e Parma, Roberto D’Aversa è stato ospite ieri sera della trasmissione “Bordocampo Serie B', andata in onda ieri sera su Teleuniverso. L’allenatore ha parlato a 360 grandi, spaziando dal giudizio sul campionato cadetto, passando per i temi più attuali del calcio. Queste le sue parole.

Ci può dare un suo giudizio sul rigore assegnato al Cagliari allo scadere, nel match contro il Frosinone?

“Nel caso del calcio di rigore assegnato al Cagliari, si può notare la “furbizia” e l’esperienza di Lapadula. L’arbitro era vicino alla posizione dove è avvenuto il contatto. Probabilmente, se la palla fosse arrivata esattamente su Mazzitelli e Lapadula, si sarebbe anche potuto non fischiare il calcio di rigore. Ma, nel caso che si è verificato, il direttore di gara non ha potuto far diversamente dall’assegnare il rigore. Oggi, di questi tipi di contatti se ne vedono diversi in area di rigore. Quella di domenica comunque, è stata una giornata un po' particolare per gli arbitri, non solo a Frosinone ma anche in altri campi”.

Qual è il suo giudizio su questo campionato di Serie B: è una Serie B ‘camuffata’, come si è detto ad inizio stagione?

“Si. Anche io mi ero espresso in questi termini ad inizio del campionato. A mio giudizio, quest’anno è più difficile vincere il campionato di Serie B, che salvarsi in Serie A. In questo momento il Frosinone guida meritatamente, probabilmente contro ogni aspettativa perché non penso che inizialmente la favorita fosse il Frosinone. Per essere primi in classifica, vuol dire che mister Grosso, il direttore Angelozzi e tutta la Società stanno facendo un ottimo lavoro”.

Mister, il Frosinone punta molto sui giovani e. come il Frosinone, lo fanno tanti altri club. Può essere la Serie B un reale bacino per eventuali nuovi talenti che potrebbero far bene in A e, magari, anche in nazionale?

“Credo che, spesso e volentieri, le squadre abbiano il difetto di andare a cercare i giovani calciatori al di fuori dell’Italia. Questo purtroppo, accade anche per una questione burocratica. Si sa benissimo che, lì dove si va a prendere un giocatore all’estero, non si richiedono determinate garanzie bancarie, in Italia invece sì. Penso che bisogna avere più volontà di girare i campi di calcio in Italia, anche nelle categorie inferiori. Io, in questo momento che sono senza squadra, vado spesso a vedere il Pescara, essendo pescarese e abitando lì. Anche in Lega pro, ci sono giocatori di qualità, che poi in futuro potrebbero in futuro giocare in A e magari anche in nazionale. L’esempio lampante che mi viene in mente è quello di Cheddira del Bari, Sabiri (che lo scorso anno giocava e non giocava ad Ascoli) e adesso sono entrambi a fare il Mondiale. Quindi, penso che ci voglia coraggio con i giovani. Penso che il Direttore Angelozzi e Corvino sono molto bravi sotto questo aspetto”.

Come sta cambiando il calcio attualmente, e anche il vostro ruolo di allenatore, visto che di fatto siete costretti ad un aggiornamento continuo.

“Alleno ormai da 7-8 anni e, da quando ho iniziato a farlo, non mi è mai capitato di lavorare nella stessa maniera. Credo che l’evoluzione venga da sé. Ogni allenatore ha il compito di analizzare la rosa che ha a disposizione. Quindi, in base a quello, deve cercare di interpretare il calcio nella giusta maniera per i calciatori che si hanno. E’ chiaro che si va sempre più verso la spettacolarizzazione del calcio, e quindi si tende sempre a cambiare maggiormente le regole. Quindi, anche noi allenatori siamo costretti a cambiare ed evolverci: sia a livello di allenamenti che d’intensità e partecipazione. Prima si vedevano magari tante squadre rinunciatarie durante le partite. Oggi, anche le squadre che si devono salvare, sia in A che in B, attuano un gioco diverso, fatto di aggressività e di marcatura uomo su uomo in fase difensiva. Nel passato si vedeva meno praticare questo tipo di calcio: lo facevano solamente l’Atalanta o il Torino di Juric. Adesso più si va avanti e più si inizia a vedere questo nuovo modo di interpretare il calcio che segue l’evolversi di questo sport, come è giusto che sia”.

Cosa ne pensa dei recuperi extra large che si stanno assegnando durante le partite dei mondiali: li considera come una sorta di anticamera di un tempo effettivo, che potrebbe essere introdotto in futuro nel mondo del calcio?

“Sicuramente sì. Durante le partite ci sono state alcune situazioni, tipo l’infortunio al naso del portiere dell’Iran contro l’Inghilterra, in cui era giusto che si assegnassero tutti quei minuti di recupero. Credo che si vada man mano verso la direzione dell’introdurre il tempo effettivo perché, su 90 minuti, non se ne può più di vedere partite che magari durano veramente pochissimo, e dove alcuni giocatori (e mi ci metto dentro anche io), al minimo contatto in base al risultato stanno più o meno a terra per molto tempo. Anche noi allenatori forse, dovremo dare input diversi. O basterebbe magari far rimanere il giocatore infortunato fuori per un tot di secondi. Cosi si eviterebbero inutili perdite di tempo. Credo però, che in un immediato futuro si vada verso il tempo effettivo, come accade nella maggior parte degli sport”.

Mister, lei ha giocato in tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud. Quale maglia, delle squadre in cui ha giocato, le è rimasta più indosso. E quale città è rimasto più legato?

“Ti rispondo dicendo che mio figlio più grande è nato a Taormina, uno a Trieste e l’altra a Pescara. Quindi, come si è detto ho girato gran parte d’Italia. Se dovessi ragionare in termini di squadra che mi ha dato di più e sono molto legato, devo di re per forza Messina perché lì ho trascorso quattro anni di Serie A dove ho avuto le maggiori soddisfazioni a livello professionale. Anche a Genova, dove lo scorso anno sono rimasto a vivere fino al termine della stagione, è stata una città in cui io e la mia famiglia siamo stati benissimo, ho tanti amici lì e ne porto dentro un bel ricordo”.

Il mercato di gennaio, secondo lei, può davvero cambiare o modificare gli assetti, gli esiti o i destini delle diverse formazioni?

“Dipende. Di solito, la sessione di mercato di gennaio riguarda soprattutto i calciatori che nelle diverse squadre, giocano di meno. Tutto dipende dalle situazioni in cui si trovano le squadre. Se si può migliorare una relativa squadra, non penso sia sbagliato farlo. Bisogna sempre però, stare attenti agli equilibri dentro lo spogliatoio e nel non mettere in difficoltà l’allenatore sul numero di giocatori a disposizione in rosa. Se una squadra come il Frosinone, che inizialmente era partita con altri obiettivi, rispetto a dove si trova adesso in classifica dovesse presentarsi l’opportunità di migliorare la formazione attuale, non vedo il motivo per cui non si debba farlo. A Frosinone c’è un Ds bravo come lo è Angelozzi. E se ce ne dovesse essere l’occasione, farà di tutto per migliorare la squadra e non certo per peggiorarla”.