Stefano Turati a Kick Off: "Ogni giocatore deve ambire a fare il massimo. Futuro? Vincere questo campionato, contribuendo a scrivere la storia di questo club"

20.12.2022 17:00 di Francesco Cenci   vedi letture
Stefano Turati
Stefano Turati
© foto di Frosinone Calcio

10 clean sheet nelle 18 partite disputate finora con il Frosinone primo della classe ed una stagione giocata fino ad adesso da assoluto protagonista insieme ai canarini. Stefano Turati, portiere giallazzurro di proprietà del Sassuolo, è stato ieri sera ospite della trasmissione Kick off, andata in onda su Extra Tv. Queste le sue parole sul momento dei canarini, l’approdo in Ciociaria e le prospettive future dell’estremo difensore e del collettivo frusinate.

Stefano, cosa è mancato secondo te nella sconfitta subita dal Frosinone a Genova: soltanto il gol, come detto anche dal mister Grosso, nella conferenza stampa post partita?

“Secondo me abbiamo disputato la nostra buona partita, come sempre fatto fino ad oggi. Abbiamo subito il gol su un episodio un po' particolare: un calcio d’angolo, battuto sul primo palo. Quel tipo di palloni lì sono sempre difficili da gestire. C’è anche da dire che abbiamo giocato in un campo molto difficile. Il Genoa a ricevuto molta spinta dal loro caloroso pubblico, ed anche il contesto li ha aiutati tanto. Siamo una squadra comunque molto forte, che veniva da molti risultati positivi. Questa sconfitta, arrivata dopo un buon periodo per noi, non deve assolutamente metterci allarme. Ci sta perdere, fa parte del calcio. Voltiamo pagina e guardiamo al prossimo impegno con la Ternana”.

Andava secondo te gestito un po' meglio il calcio da fermo sul quale è maturato il gol del Genoa?

“Io ed i mie compagni abbiamo rivisto l’azione del gol. Forse si sarebbe potuto controllare meglio il posizionamento dei nostri calciatori, prima della battuta del corner. Io come portiere, non avrei potuto fare di meglio rispetto a come mi sono comportato. Da estremo difensore, bisogna aspettare che ci sia magari qualche spizzata dei miei compagni o di qualche attaccante. Se mi fossi tuffato prima, avrei rischiato di andare a vuoto. In quell’occasione siamo stati molto sfortunati. Non era una situazione facile da gestire per me e i miei compagni”.

Cosa ne pensi della tifoseria del Frosinone e della Curva Nord e ti aspetti di realizzare quel sogno finale, chiamato Serie A?

“Io fin dal primo giorno che sono arrivato a Frosinone, mi sono trovato benissimo. Già dai giorni del ritiro ero convinto che questa squadra potesse fare qualcosa d’importante quest’anno. Per quanto riguarda ‘il sogno Serie A’, io dissi dalla prima intervista rilasciata, che ognuno di noi deve lottare per vincere. Non esiste porsi limiti ed accontentarsi della salvezza, non sono tanto d’accordo su quest’aspetto. Credo che questa squadra abbia tanto da dare ancora. Contro la Ternana credo che ci rifaremo da quest’ultima sconfitta e disputeremo poi un grande girone di ritorno”.

Stefano, tu sei considerato un po' il capo ultrà: ogni fine partita, in casa, ti vediamo esultare sotto la curva nelle vittorie con il megafono. Come è nata la storia del megafono?

“E’ nata dalla prima vittoria che facemmo in casa. Ad un certo punto, dopo il primo successo casalingo, il capo ultrà della curva del Frosinone lanciò il megafono a capitan Lucioni . Io nel mentre ero lì a cantare insieme agli alri ragazzi i cori intonati dalla Curva e ad un certo punto il capitano mi ha passato il megafono. Quando l’ho visto non ho capito più niente e da lì ho iniziato a cantare (ride n.d.r)”.

Il Frosinone è già campione d’Inverno: come viene vissuto questo appellativo all’interno dello spogliatoio?

“Il fatto di essere campioni d’inverno rappresenta un grande punto di partenza, anche in vista del girone di ritorno. Da un punto di vista della concretezza non conta tanto, però sicuramente da questa posizione di classifica, si può puntare ad ambire a qualcosa di straordinario. Speriamo che all’ultima dell’anno in casa vinciamo, così riesco a concludere l’anno cantando di fronte ai tifosi… (ride n.d.r)”.

E’ ancora presto per parlane, ma hai già fatto un pensiero su quello che sarà il tuo futuro da Giugno?

“Per adesso non saprei. Sinceramente spero di vincere questo campionato qua, per contribuire a scrivere la storia di questo club. Qui mi trovo benissimo, poi nel calcio non si sa mai cosa accade…”

E’ stato determinante lo zampino del Direttore Angelozzi nell’arrivo qui a Frosinone?

“Assolutamente si. Fu determinante anche quando mi portò al Sassuolo, insieme a Palmieri, un altro mio ex compagno di squadra”.

Quali squadre affrontate ti hanno più impressionato in questo girone di andata e quale sarà l’avversaria da battere per il Frosinone nel ritorno?

“A livello di squadra e compattezza mi ha impressionato il Bari. Ed ho trovato che siano delle squadre forti anche Pisa e Venezia. Credo che il Pisa verrà fuori nel girone di ritorno”.

La parata effettuata su Cheddira nella gara contro il Bari e quella fatta con il Pisa sono state le tue 2 più difficili da fare in questo girone di andata?

“Si, queste 2 che ho effettuato sono state sicuramente le più complicate, insieme a quella fatta contro il Cagliari: anche in quell’occasione ci fu un tiro che passò sotto tante gambe, ed è stata abbastanza difficile come parata da fare. Però complessivamente sì, di sicuro i 2 interventi già citati sono stati quelli a coefficiente di difficoltà più alto. Devo riconoscere il fatto che, grazie al lavoro dei difensori e della squadra, finora non ho effettuato tantissime parate durante le partite”.

A quale scuola di portieri fai riferimento: alla vecchia, capitanata da Buffon o a quella nuova che si sta affacciando adesso?

“Attualmente guardo molto alle prestazioni di Maignan, che però si è fatto male, ma ha avuto un impatto in Serie A incredibile. Poi mi piace molto come gioca Di Gregorio, che è anche un mio amico. Per quanto riguarda il passato, mi ispiro molto a Julio Cèsar, lui è stato il portiere che fin da piccolo, mi ha fatto avvicinare a questo ruolo”.

In campo sei un portiere che parla molto con i difensori…

“Si, sono un portiere che parla spesso in campo. Il grande problema è quello che, in alcuni stadi (come domenica a Genova), i miei compagni facevano fatica a sentirmi per il gran frastuono che c’era in sottofondo. Ma in generale sì, sono uno che dialoga spesso in campo con la squadra”.