AMARCORD: Benito Stirpe, il ricordo del Cavaliere che sognava la serie A

29.09.2014 22:00 di Fabrizio Celani   vedi letture
AMARCORD: Benito Stirpe, il ricordo del Cavaliere che sognava la serie A

Se il Frosinone Calcio si trova in serie B, se si  possono annoverare negli ultimi nove anni ben sei campionati tra i cadetti, se ormai può essere considerata, a ragione, una realtà nel panorama calcistico nazionale lo si deve a tante persone. Lo si deve alla voce dei tifosi, ai piedi dei tanti calciatori che si sono succeduti, lo si deve agli schemi dei tanti tecnici che si sono seduti su quella panchina, lo si deve all’astuzia dei direttori sportivi, lo si deve alla testa di Maurizio Stirpe. E soprattutto, lo si deve al cuore di una persona che purtroppo non c’è più ma che nella mente dei tifosi non è andato più via. Lo si deve al Cavaliere Benito Stirpe.

LA VITA – Benito Stirpe, ciociaro doc, nasce nel 1923 a Torrice. In quegli anni il fascismo aveva preso il comando in Italia e Benito Mussolini era Presidente del Consiglio, il nome “Benito” era il più utilizzato agli uffici dell’anagrafe dei vari comuni. Da giovane prosegue l’attività di famiglia, un’impresa di costruzioni e ristrutturazioni; la lungimiranza e la spiccata attitudine imprenditoriale gli consentono di trasformare la sua impresa da piccola ditta a multinazionale, successi tanto importanti da conseguire il titolo di Cavaliere del Lavoro. La “Prima” è una realtà imprenditoriale che opera tutt’ora in varie nazioni, si occupa prevalentemente di materiale plastico. Questo è Benito Stirpe uomo. Oggi vi racconteremo di Benito Stirpe “sportivo”.

IL CALCIO – Il Cavaliere è sempre stato un uomo di sport. Il Frosinone verso fine anni ‘60 faceva la spola tra Terza Serie e serie Dilettanti. Nel 1965 Roberto Stirpe rilevò la società e chiese al fratello Benito di affiancarlo in questa avventura. La risposta fu immediata. I canarini erano nel girone D di serie D. I fratelli Stirpe allestirono una formazione di tutto rispetto e la squadra prese il volo. Al termine di un estenuante duello con il Latina, i ciociari vinsero il campionato e volarono in serie C. Benito e Roberto vennero soprannominati “I fratelli dell’entusiasmo” perché al termine del campionato vinto dichiararono di voler vincere anche la serie C. L’anno seguente, però, il Frosinone attraversò una miriade di problemi e le cose non andarono come immaginato. Il Frosinone non centrò l’obiettivo e la famiglia Stirpe cedette la proprietà a Dante Spaziani. La storia, si sa, è fatta di corsi e ricorsi; nel destino era già scritto che sarebbe stato un altro Stirpe a portare per la prima volta i gialloazzurri nel calcio che conta. E sappiamo tutti com’è andata.

NEL DUEMILA – Quando Maurizio Stirpe entrò nella dirigenza del Frosinone Calcio, ma soprattutto quando assunse la presidenza, aveva un solo obiettivo: regalare quel sogno al padre chiamato “Serie B”. Nella vita ci sono delle promesse che devono essere mantenute. E quando un padre chiede ad un figlio qualcosa, state pur certi che chiunque si farebbe in quattro per esaudire il desiderio di chi ti ha cresciuto. Al Cavaliere Stirpe, ormai quasi ottantenne, venne data la carica di Presidente Onorario. Non è  una carica solo figurativa. Il Cavaliere, che nel frattempo guidava il suo gioiellino Torrice in Promozione, assisteva quando possibile agli allenamenti dei canarini, il giorno prima della partita voleva cenare con la squadra all’Hotel Bassetto, dove il Frosinone andava in ritiro. E spesso si complimentava con i giocatori, talvolta li bacchettava, come un buon padre di famiglia. E i giocatori adoravano il Cavaliere.

UNA STELLA IN PIÙ – Nel 2008 le condizioni di salute del Cavaliere peggiorarono, finché il 18 dicembre, dopo una lunga malattia, se ne andò.  Ha combattuto tanto. Se n’è andato non senza lottare, senza combattere. E’ rimasto attaccato alla vita finché, stremato, non ha dovuto cedere. Non si è arreso, ha messo in pratica quello che diceva ai “suoi” giocatori, di combattere, di lottare. Sempre e comunque. Sorretto sempre dalla sua famiglia, da chi l’ha amato e, qualche passo indietro, da una provincia intera, che qualcosa sapeva, ma aveva paura a raccontare e a chiedere. Nessuno voleva sentirsi dire quello che immaginava. Che il Cavaliere stava combattendo la sua partita, che ha costretto l’avversario a vincere solo ai calci di rigore.

UN UOMO SEMPLICE - Una persona semplice, ma speciale. Una persona che dava del “tu” a tutti e pretendeva che gli altri gli dessero del “tu”. Schietto e sincero, il Cavaliere amava la gente, amava vivere tra essa. Ascoltava. Capiva. Non lesinava sorrisi e belle parole. Era il Presidente onorario, stavolta muoveva i fili dietro le quinte. Sul palcoscenico andavano il figlio Maurizio, il direttore Enrico Graziani, gli allenatori e i calciatori che si sono succeduti di volta in volta. Ma lui, un passo indietro c’era sempre. Raccontava il calcio che amava, e lo voleva raccontare ai più giovani. Ha sempre seguito tutte le squadre dei giovani giallazzurri, perché amava dire che “prima che calciatori, dovete essere uomini”. Lo ricordiamo seduto su una sedia di plastica, ad assistere alle partite della Berretti prima, della Primavera poi. Lì, dietro la porta, sempre pronto a fare i complimenti agli avversari prima e ai ragazzi “suoi” dopo. Lo ritroviamo sempre, al terzo posto dei sedili del Comunale, sia che l’avversario si chiamasse Juventus o Massese, Napoli o Chieti. E sempre pronto a scendere negli spogliatoi accompagnato dal figlio Maurizio a congratularsi con i giocatori, i “suoi” ragazzi.

LA PROMOZIONE – Dicevamo prima che un figlio farebbe l’impossibile per esaudire il desiderio di un padre. Vero. Ma è altrettanto vero che il cuore di un padre quando il figlio riesce ad esaudire un proprio desiderio è stracolmo di gioia. E sicuramente quell’11 giugno 2006 il Cavaliere Stirpe ha pianto di gioia. Il suo desiderio, vedere il Frosinone in serie B, era diventato realtà. Quel giorno lui allo stadio non c’era. I medici glielo vietarono, anche se lui  voleva esserci a tutti i costi. Il cuore poteva fare brutti scherzi… Alla fine è stato grazie a lui che il cuore di tutta Frosinone ha giocato brutti scherzi, prima dell’esplosione, della gioia. Dopo la partita la squadra non festeggiò per le strade di Frosinone, non festeggiò in qualche discoteca o ristorante. Dopo la partita tutti quanti con il pullman andarono a Torrice, come in un pellegrinaggio, per festeggiare con colui che per primo a creduto a quel miracolo chiamato Frosinone. Il Cavaliere abbracciò tutti, ma l’abbraccio più forte fu con il figlio, entrato per ultimo, che aveva realizzato quel sogno che lui, insieme al fratello Roberto, non era riuscito a trasformare in realtà.

IL RICORDO VIVO – Dopo la scomparsa si giocò un Frosinone-Vicenza in un clima surreale. Perra e Margiotta (che nel frattempo era in Veneto), deposero un mazzo di fiori su quel terzo seggiolino del Matusa. Mancava il Cavaliere, e neanche a farlo apposta quella gara la ricordiamo tra le più brutte mai giocate dai canarini. Uno zero-a-zero avaro di emozioni, di tiri in porta, come se il destino volesse farci capire che senza di lui era una partita inutile. Da quel triste Natale del 2008 di tempo ne è passato. E il ricordo del Cavaliere non si è affievolito, tutt’altro. Sono sorti dei club di tifosi che portano il suo nome, dei tornei in memoria del Cavaliere e allo stadio non è difficile sentire cori che inneggiano a Benito Stirpe. Il 7 giugno 2014, prima dell’inizio della finale Frosinone-Lecce in tribuna è comparsa una gigantografia del Cavaliere. Il Frosinone vinse, tornò in serie B e ci piace credere che una grossa mano l’ha data anche lui. Lui, insieme al papà di Alessandro Frara, è come se avesse protetto il Frosinone, come se si fosse voluto chiudere una parentesi rimasta aperta per tre anni. Il Cavaliere era una persona molto ambiziosa e anche i sogni gli andavano stretti. E allora dopo aver conquistato la B, in suo sogno si è adeguato e si è poi chiamato serie A. Sì, la serie A. La voleva, l’ha chiesta al figlio, voleva lasciare questa vita con la sua creatura in serie A. Il tempo non è galantuomo e non ce l’ha fatta, ma siamo sicuri che prima o poi, in un pomeriggio di fine agosto quel terzo seggiolino dello stadio Matusa, o del nuovo stadio, non sarà vuoto perché ad assistere alla prima partita del campionato di serie A della storia del Frosinone Calcio ci sarà proprio lui. Il Cavaliere.