Disastro calcistico e sogno infranto. Pasquale Marino chiude malamente la lunga storia del Matusa

30.05.2017 07:00 di Lorenzo Loreto   vedi letture
Disastro calcistico e sogno infranto. Pasquale Marino chiude malamente la lunga storia del Matusa
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© foto di Federico Gaetano

Pasquale Marino. Il nome e cognome che, nelle ultime ore, sta risuonando incessantemente in tutta la città, in ogni angolo, in ogni vicolo. Doveva essere l'allenatore della risalita in Serie A, alla guida di una squadra stratosferica per la categoria, forse anche più forte, sulla carta, di quella che non più tardi di dodici mesi fa calcava i campi di calcio della massima divisione italiana. Doveva essere ma non è stato. E non solo: è stata una vera odissea, conclusasi nel peggiore dei modi, con un vero e proprio suicidio calcistico. Con il Carpi, è calato il sipario sulla decennale storia del Matusa, e lo si è fatto nel peggior modo possibile: uno 0-1 che sa di clamoroso quanto vergogoso, soprattutto se si considera la doppia superiorità numerica dei canarini concessa dalla squadra modenese. Sogno infranto, vacanze anticipate. Colpe? Quando si perde, il primo a subire la gogna è il capobanda. Marino, per l'appunto. Il tecnico siciliano si è dimesso immediatamente a fine gara per non aver raggiunto gli obiettivi stagionali. Un segno di dignità dopo che al triplice fischio era corso negli spogliatoi, lasciando i suoi ragazzi soli, sul campo di gioco, in una feroce contestazione dello stadio. Molti gli errori (o orrori..) tecnici e tattici, molte le disattenzioni. Moltissime le decisioni dubbie tanto nell'interpretazione delle singole partite quanto nell''amministrazione generale della rosa in determinati momenti stagionali. Non entriamo nei particolari, non ne avrebbe alcun senso ora, ma un punto è evidentissimo: si poteva e, soprattutto, si doveva fare di più. Tutti, nessuno escluso. Ma in primis, l'allenatore, colui che è remunerato per dare ai giocatori il suo carattere, il suo ardore, la sua voglia, il suo dictat calcistico. E se i risultati non sono arrivati, è evidente che qualcosa non ha funzionato o è mancato. Giusto così quindi, ognuno per la sua strada. Con il rancore di un amore mai sbocciato.