Tanto si difese che prese gol

14.12.2018 12:30 di Luca Frasacco   vedi letture
Tanto si difese che prese gol
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© foto di Federico Gaetano

Mentre la paura d'affrontare il Napoli s'incanalava nelle larghe crepe causate dai colpi di Atalanta, Sampdoria, Roma ed Inter; Moreno Longo, imperterrito, preparava la sfida del San Paolo, forte del mese e mezzo appena trascorso, ricco di punti e di soddisfazioni. Dopo aver sperimentato i meno utili alla causa all'inizio del campionato, e dopo esser stato aiutato dalla fortuna che ha costretto all'infermeria i più vetusti, ha selezionato i migliori titolari, pronto per guidare il Frosinone alla compostezza, all'attenzione, preparando la gara prima dai principi noumènici e poi da quelli del campo. 

"Se lascio spazio al Napoli, è finita"; Avrà pensato. "Se i miei perdono posizione, c'è il rischio che il campo diventi una pista da ballo". Sarà risuonato nella sua mente. "In fondo Napoli non è poi così diverso da...". Da ogni partita preparata partendo con un handicap. Ma se da una parte il brutto inizio di stagione trovava le sue radici in problemi che  Longo era stufo di ribadire, le speranze ritrovate prima di un sabato a San Siro, o al San Paolo potevano far propendere per un epilogo diverso. Ma l'handicap si è riproposto.

Ci eravamo quasi convinti che quell'atteggiamento inerme servisse veramente a qualcosa. Mi ero quasi illuso che fosse una continua esercitazione per arrivare pronti al momento opportuno, ed avevo identificato quel momento nella trasferta del Tardini, quando guardando le ali del Parma (Gervinho e Siligardi), ho giustificato la volontà di non lasciare spazi agli avversari, di non voler volontariamente far la partita per paura di rincorrere la freccia nera. Perbacco. È così che si pareggia. 
Ma se evidentemente quei virgolettati hanno trovato principio soltanto a Parma, D'Aversa due domande se le deve fare. 

È facile dirlo dopo aver perso "a zero", ma difendersi non funziona; una difesa sterile -senza pressing per paura di perdere la posizione o di lasciare spazi ai piè veloci dei nemici- o la scelta di rintanarsi nella propria metà campo lasciando il pallino del gioco agli avversari non aveva mai reso finora (eccezion fatta per il Tardini), per quale motivo a Napoli le cose sarebbero potute andare diversamente? Perché Beghetto sostituiva Molinaro? Perché Salamon sarà ormai giustamente tenuto sempre fuori? No. Non c'era motivo di pensarlo, perché le lezioni impartite dalle big non erano ancora state recepite: "Per quanto puoi provarti a difenderti, il gol te lo facciamo che sia con la garra charrua o  con la cazzimma". E contro la Juventus il Frosinone non ha perso solo una partita, ma pure le seguenti: l'arroccata dello Stirpe, in uno stadio rinvigorito da tifosi Juventini -nati nel Lazio- che non comprenderanno mai il peso della prossima partita contro il Sassuolo, ha fatto più danni del previsto illudendo tutti che si potesse difendere con ordine per quasi ottanta minuti senza subire gol. Ma prima o poi il gol lo prendi lo stesso, anche perché l'handicap te lo sei auto-inflitto in partenza. L'arrendevolezza viene di conseguenza e la partita sembra non esistere più; al primo gol subìto, al massimo al secondo, la partita finisce e può solo trasformarsi in goleada, in un allenamento per gli avversari, felici di aver giocato un'amichevole mentre sugli altri campi di Serie A si sputa sangue sull'erba. 

La prossima gara contro il Sassuolo così come quella contro l'Udinese sarà giocata con altro spirito, il Frosinone lo ha già fatto vedere, ma lo stesso problema si ripresenterà il 26 dicembre contro il Milan, quando forse l'estrema premura mostrata nelle partite di cartello dovrà essere abbandonata se si vuol dimostrare di aver imparato dagli errori commessi, da un gioco che non porta punti, che non piace e che non fa divertire. Qualche dubbio sul numero di spettatori quel giorno ci sarà: la speranza è che il Frosinone gli dia un buon motivo per alzarsi da tavola.